13.1.2018
TITOLO PUBBLICATO SU AMERICA OGGI: L’AMICO DEL NEBRAKA E LA RINGHIERA DI TODI
Il mio amico Charly, nativo del Nebraska, ma da molti anni residente in Italia, ha il sonno agitato da alcuni mesi.
Le newsletter diramate agli amici sul suo stato d’animo, mi meravigliano non poco proprio perché Charly, funzionario non più attivo delle N.U., ha un vissuto intenso in giro per il mondo.
Sportivo sino all’ossesso, al termine di un match di tennis mi aveva raccontato di una sua pendenza giudiziaria.
Essa riguardava una annosa questione edilizia a Todi, piccola cittadina in quell’ Umbria ridente, ove molti anni addietro aveva acquistato un’abitazione per il suo buen retiro.
L’addebito di rilevanza penale viene oggi ricondotto ad una sua presunta inosservanza di un ordine del giudice civile che, sei anni prima, gli aveva proibito l’apposizione di una ringhiera a delimitazione del suo ultimo piano.
Il divieto l’aveva reclamato la vicina di casa, temendo un danno derivante da una maggiore introspezione e lesione della sua privacy.
In ambito civile la vicina aveva avuto la meglio – forse a buon diritto – ma la realtà processuale si distacca talvolta, e di non poco, da quella reale.
Forse una maggiore attenzione avrebbe potuto accertare come improbabile quella reclamata limitazione, così come insussistente un danno, sia pur esso potenziale.
Il cliente ha molti amici che – a parere dei quali – quella terrazza di appena venti metri quadri, priva di protezione e facilmente accessibile dall’adiacente proprietà, potrebbe cagionare la caduta di chiunque.
Tutti si prodigano nel consigliare come necessaria l’apposizione di una ringhiera come, d’altro canto, ve ne sono molte presenti nelle immediate vicinanze di tale borgo.
Quell’incauto consiglio, sia pur mosso da perfetta buona fede, viene accolto dal mio amico Charly, ma la sua azione non passa inosservata.
La vicina di casa interviene denunciandolo. Charly viene quindi tratto a giudizio per la violazione prevista dall’art. 388 c.p., che punisce la mancata esecuzione dolosa di un ordine del giudice con la reclusione sino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Il tutto per una ringhiera ……
All’udienza, tenta di offrire una somma di danaro, bilanciando gli interessi in gioco con l’alea di un giudizio, ma la somma viene ritenuta incongrua anche dal giudice che dispone il procedersi oltre.
E’ infatti di recente introduzione la possibilità che il giudice ai sensi dell’art. 162 ter c.p. – anche disattendendo le pretese del danneggiato – e quindi talvolta anche quelle spropositate somme animate unicamente da spirito di rivalsa – pronunci sentenza di non doversi procedere, ritenendo il reato estinto perché congrua la somma di denaro che ha riparato la condotta del reo.
Il mio amico Charly, fascia nei capelli, informalmente vestito, viene quindi esaminato in udienza.
L’imputato ammette di aver posizionato per un periodo di tempo la ringhiera ed in ciò perché consigliato da più parti per esclusivo motivo di sicurezza, ma poi l’ha rimossa adagiandola a terra sul medesimo terrazzo.
Charly evidenzia la sua buona fede nel non aver dato seguito a quella “rimozione” e lo motiva partendo da quel “move” e dal “take away” che sono due concetti differenti che riecheggiano “stranieri” in quella piccola aula del Tribunale di Spoleto dal sapore di altri tempi.
Ha rimosso la ringhiera ma non l’ho tolta riponendola in altro luogo, ritenendo che ciò fosse bastevole.
Ed invero “rimozione” non è “ripristino” ossia il mantenimento nello stato originario.
Penso… che forse rappresenti una finezza linguistica, in parte utile per configurare la condotta come colposa e non dolosa come richiesta dal reato. Essa è giustificabile per lo straniero che non ha il pieno comando della lingua italiana.
Ma è chiaro che si opinerà sul fatto che l’imputato è da troppi anni residente in Italia e che avesse il suo avvocato che poteva spiegarglielo….
Ho certamente altri motivi a difesa e non entro nel vivo del processo. L’udienza di discussione è rinviata ad anno nuovo, subito dopo le festività.
Vero è che il fatto mi ha fatto pensare a quel brocardo latino che oggi ben si attaglia al caso: “ de minimis non curat praetor”: il giudice non si cura delle cose di poco conto”.
La collocazione di una ringhiera a protezione di uno spazio esiguo non può costituire un contenzioso che perdura da oltre dieci anni!
E’ fonte di stress, di energia e di soldi buttati al vento.
Per alcuni versi processuali, poi, il processo si è paradossalmente complicato.
Dall’altra parte la proprietà è sacra. Ognuno si difende e la protegge come può.
Si invoca il buon senso, ma non tutti siamo uguali, non tutti siamo cittadini del mondo….
APPROFONDIMENTI:
ARTT 388 CP – 650 CP