Cittadinanza per discendenza “ius sanguinis” per linea materna

5 Settembre 2023

PARTE 2

10.06.2021

TITOLO PUBBLICATO SU AMERICA OGGI

Ci occupiamo ancora una volta della trasmissione della cittadinanza italiana proprio per l’interesse che essa ha suscitato tra i lettori.

Abbiamo già detto come le condizioni richieste per il riconoscimento per discendenza (iure sanguinis) si basano essenzialmente da un lato, sulla dimostrazione della discendenza dell’avo cittadino italiano emigrato e, dall’altro, sulla prova dell’assenza di interruzioni tra i discendenti nella trasmissione della cittadinanza. [1].

Sovente si registrano delle naturalizzazioni per avere il nostro avo prestato il servizio militare in America.

In vari momenti della storia il governo degli Stati Uniti ha infatti utilizzato la cittadinanza come strumento di reclutamento militare presso U.S. Armed Forces facendo importanti eccezioni alle normali regole di naturalizzazione per gli stranieri che hanno prestato servizio per gli Stati Uniti.

Il servizio militare non concedeva automaticamente la cittadinanza poiché gli immigrati dovevano ancora rinunciare attivamente alla loro fedeltà ad altri Paesi, ma certamente il processo di naturalizzazione sembrerebbe aver subito un processo semplificato. (1)

Se nei confronti degli avi di sesso maschile la cittadinanza è stata interrotta per via della naturalizzazione, la strada da percorrere potrebbe essere quella per via materna. Ma anche qui vediamo come lo status della moglie era dipendente da quello del marito, tanto è vero che automaticamente venivano concesse cittadinanze “derivate”. Troveremo infatti nei documenti la dizione “by marriage” proprio perchè dopo il 1907 la cittadinanza del coniuge era l’unico fattore che governava le loro nazionalità. (Derivative Citizenship) (2)

La U.S. Supreme Court confermò infatti l’Expatriation Act del 2 marzo 1907, evidenziando come l’identità di marito e moglie fosse un antico principio giurisprudenziale. 

In siffatti situazioni, dunque, la possibilità per il discendente interessato nel richiedere la cittadinanza italiana sembrerebbe venir meno, operandosi una interruzione della discendenza italiana sia da parte paterna che da quella materna nei confronti dei propri discendenti.

Invero necessitano osservazioni più attente. Il primo studio va indirizzato sul tempo in cui è avvenuta tale naturalizzazione.

Se dunque il nostro avo ha perso la cittadinanza nel 1913 per naturalizzazione, così come sua moglie “per matrimonio”, la propria figlia potrebbe richiedere la cittadinanza italiana qualora fosse ad esempio nata nel 1912, ossia prima che il padre la perdesse.

Angela, così chiameremo la figlia dei nostri avi, potrà richiedere la cittadinanza per via materna anche qualora fosse nata in America ad esempio nel 1931, così come nell’ipotesi in cui perdesse la cittadinanza italiana per aver quest’ultima, successivamente, contratto matrimonio con un cittadino americano.

Tale facoltà risiede per effetto dell’elaborazione giurisprudenziale successiva all’entrata in vigore della Costituzione italiana del 1948. [2] [3]

In virtù dunque della sentenza a Sezioni Unite della Cassazione, n. 4466 del 25.2.2009 (5) e prima ancora delle sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, è possibile il riconoscimento in via giudiziale della cittadinanza italiana anche alla donna che l’abbia perduta ai sensi art. 10 della legge n. 555 del 1912, per aver contratto matrimonio con cittadino straniero anteriormente al 1° gennaio 1948. [7].

Tutti i discendenti di madre italiana nati prima del 1° gennaio 1948, dunque, potranno ottenere il riconoscimento della cittadinanza ricorrendo al Tribunale Civile di Roma poiché a Roma è stato stabilito per legge il Foro dell’amministrazione statale. [8] [9] [10]

Diversamente, se l’interessato volesse stabilirsi in Italia e ivi veder riconosciuta la cittadinanza italiana, allora dovrà rivolgersi al giudice del luogo in cui in Italia ha stabilito la propria residenza.

La continuità della discendenza deve essere provata in giudizio con tutti i documenti tradotti e apostillati. [16] La prova contraria e dunque la mancanza di continuità, grava sull’Amministrazione che potrà dimostrala più facilmente rispetto al privato attraverso l’accesso ai propri archivi. [4]

Le letture alla L. 151/75 e alla statuizione della Corte Costituzionale n. 87/75 in merito al processo elencato, sono lunghe e complesse per chi non è operatore di diritto.[5] Poco potrebbe agevolare le letture delle Circolari del Ministero, ed in particolare quella n. K.60.1/5 dell’8.1.2001[6]

All’atto pratico, ovviamente, al fine di facilitare il giudicante, correderemo il ricorso con tutta la documentazione utile a comprovare la discendenza così come l’assenza di interruzioni.

E quindi potremo allegare sia le dichiarazioni di intenti (c.d.“First papers”), sia la Petizione per la naturalizzazione (cd. “Final Papers”) e, dunque, il Certificato di naturalizzazione e il giuramento di fedeltà.

Tutti questi documenti comprovano il processo di naturalizzazione che consta per l’appunto di tre fasi: la dichiarazione di Intenzione, nella quale si comprova la rinuncia alla fedeltà ai governi stranieri e si dimostra di aver risieduto in America abbastanza a lungo per richiedere la cittadinanza; la Petizione per naturalizzazione, ossia la domanda formale per la cittadinanza legale richiesta da due a tre anni dopo aver presentato la dichiarazione di intenti; il Certificato naturalizzazione o cittadinanza, che è il Documento che concede la cittadinanza statunitense, previo giuramento di Fedeltà agli Stati Uniti. (4)

Necessiterà ad ogni modo un completamento amministrativo attraverso un’esplicita dichiarazione di volontà del soggetto interessato. [12] [13] Ai fini amministrativi, infatti, per acquistare la cittadinanza ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 legge 5 febbraio 1992, n. 91, gli interessati dovranno presentare una dichiarazione in tal senso alla competente Autorità Consolare [14]correlandola con tutta la documentazione prevista dal Ministro dell’interno di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. [15]  

Ovviamente allegheremo anche la sentenza resa dal Tribunale di Roma.

Un’ultima annotazione: in forza della Circ. Min. n. 397 del 15 maggio 2008, i soggetti in possesso di doppia cittadinanza manterranno il cognome indicato sull’atto di nascita formato dall’autorità estera.

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APPROFONIDIMENTI

[1] Ossia: dimostrare che il proprio avo non si sia naturalizzato nel Paese straniero prima della nascita del figlio, ovvero che siano assenti dichiarazioni di rinuncia alla cittadinanza italiana da parte degli ulteriori discendenti prima della nascita della successiva generazione.

[2] Corte Costituzionale n. 30 del 1983 – Corte Costituzionale n. 87 del 1975

[3] Nuove norme sulla cittadinanza italiana: – E’ cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini.

D’altro canto, anche la pregressa legge 555/1912, all’ art. 7, consentiva, infatti, al figlio di italiano nato in uno Stato estero che gli aveva attribuito la propria cittadinanza secondo il principio dello ius soli, di conservare la cittadinanza italiana acquisita alla nascita, anche se il genitore durante la sua minore età ne incorreva nella perdita, riconoscendo quindi all’interessato la rilevante facoltà di rinunciarvi al raggiungimento della maggiore età, se residente all’estero.

La legge n. 555 del 1912, dunque, sebbene all’art. 1 confermasse il principio del riconoscimento della cittadinanza italiana per derivazione paterna al figlio del cittadino a prescindere dal luogo di nascita, all’art. 7 intese garantire ai figli emigrati il mantenimento del legame con il Paese di origine degli ascendenti, introducendo un’importante eccezione al principio dell’unicità della cittadinanza.

[4] [con dichiarazione di cui all’art. 143 ter C.C.] L’onere probatorio sul punto, come precisato dalla giurisprudenza, è dell’amministrazione (cfr. Cass. civ. Sez Un. Sentenza n. 4466 del 25/02/2009 in motivazione “… Tale riconoscimento non può negarsi neppure in caso di morte degli ascendenti della ricorrente, salvo che vi sia stata, da costoro, rinuncia alla cittadinanza sempre consentita dalle leggi succedutesi nel tempo (L. n. 555 del 1912, art. 8 e L. n. 92 del 1991, art. 11), rinuncia di cui deve dare la prova in questa sede chi si oppone alla ricognizione del diritto.…”; anche Cass. civ. Sez. 1, Ordinanza n. 3175 dell’11/2/2010).

[5] Ricordiamo che nel gennaio del 1983, la sentenza n. 30 della Corte Costituzionale, in considerazione della parità giuridica tra i sessi, ha riconosciuto alla donna la facoltà di trasmettere la cittadinanza alla propria prole.

[6] che ha confermato la retroattività al 1°.1.1948 degli effetti della sentenza n. 87/1975 della Corte Costituzionale, nell’ipotesi in cui il marito cittadino italiano avesse perso tale cittadinanza per averne acquisita una straniera, la moglie ha conservato la cittadinanza italiana anche nel caso avesse acquistato automaticamente la nuova cittadinanza del marito (la fattispecie era stata fino allora disciplinata dal 1° comma dell’art. 11 della legge 555/1912, che sanciva la perdita della cittadinanza per la donna). Gragnani Giulia, dunque, non ha perso la cittadinanza italiana.

Vedere anche Circolare del Ministero dell’Interno K 28.1 dell’8 aprile 1991 – Riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano ai cittadini stranieri di ceppo italiano; nonché Circolare del Ministero dell’Interno K 31.9 del 27.5.1991 – Norme in materia di cittadinanza – Linee interpretative ed applicative.

[7] (“la titolarità della cittadinanza va riconosciuta in sede giudiziaria, indipendentemente dalla dichiarazione resa dall’interessata ai sensi dell’art. 219 della legge n. 151 del 1975, alla donna che l’ha perduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente al 1° gennaio 1948, in quanto la perdita senza la volontà della titolare della cittadinanza è effetto perdurante, dopo la data indicata, della norma incostituzionale, effetto che contrasta con il principio della parità dei sessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi (artt. 3 e 29 Cost.)”

Con la sentenza in questione, la Cassazione ha inoltre dato attuazione ai principi contenuti nella Convenzione di New York del 18 dicembre 1979, per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, e secondo la quale alle donne spettano “diritti uguali a quelle degli uomini in materi di acquisto, mutamento e conservazione della cittadinanza”.

[8] in senso conforme Tribunale di Roma, sent. n. 5762/2017 pubbl. il 22.03.2017; Tribunale di Roma, sent. 8102/2016 pubbl. il 21.04.2016).

[9] Ancora prima l’art. 219 della legge 151/1975, stabiliva:

La donna che, per effetto di matrimonio con  uno straniero  o di mutamento  di  cittadinanza  da  parte  del  marito, ha  perduto  la cittadinanza  italiana  prima  dell’entrata  in vigore della presente legge,  la riacquista con dichiarazione resa all’Autorita’ competente a norma dell’articolo 36 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

E’  abrogata ogni norma della legge 13 giugno 1912, n. 555, che sia incompatibile con le disposizioni della presente legge.

[10] vedi anche: parere del Consiglio di Stato n. 199/97 del 5.3.97

In Italia, “Angela” era cittadina italiana per nascita (jure sanguinis), oltre che statunitense (jure soli – con l’entrata in vigore del quattordicesimo Emendamento della Costituzione in data 9 luglio 1868, è riconosciuta la cittadinanza americana a chi nasce negli Stati Uniti).

[11] I Consolati italiani, infatti, si rifiutano di riconoscere la trasmissione per via materna ai nati prima del 1948 e l’unica possibilità in questo caso è di procedere giudizialmente presso il Tribunale di Roma. Questo procedimento si incardina con una domanda di accertamento di status di cittadinanza italiana, iure sanguinis per discendenza materna, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 1, lett. a), legge n. 91/1992.

[12] visto il dettato dell’ articolo 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151, espressamente richiamato dall’ articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91

[13] La richiesta, sotto il profilo amministrativo deve essere presentata all’ Autorità Consolare Italiana competente per territorio così come anche la richiesta di trascrizione degli atti di Stato Civile riguardante i residenti all’estero che hanno visto riconosciuta da un tribunale italiano la discendenza in linea materna precedente al 1948.

[14] A partire dal 16.08.1992, i cittadini italiani che acquistano una cittadinanza straniera non perdono la cittadinanza italiana. Prima di tale data, la perdita era automatica.

A far data dal 1° agosto 2015, i soggetti residenti all’estero devono presentare la domanda di acquisto della cittadinanza italiana per via telematica secondo la nuova procedura stabilita dal competente Ministero dell’Interno.

Il richiedente deve registrarsi e presentare la domanda sul portale dedicato, denominato ALI, al seguente url [https://cittadinanza.dlci.interno.it](https://cittadinanza.dlci.interno.it/)  

[15] Documenti

– gli atti di stato civile formati all’estero relativi a tutti i componenti della famiglia a partire dall’avo italiano fino al richiedente, legalizzati o legalizzati a secondo le convenzioni internazionali ratificate in Italia e muniti di traduzione ufficiale nella lingua italiana. 

– dichiarazione delle autorità straniere che indichi se e quando l’avo abbia acquistato la cittadina straniera, legalizzata e tradotta 

– dovrà inoltre essere acquisita la dichiarazione dell’Autorità Consolare Italiana nel Paese di provenienza del richiedente, dalla quale risulti che nessuno dei discendenti dall’avo al richiedente ha mai rinunciato alla cittadinanza italiana

In ragione della previsione dei tempi del procedimento senz’altro superiore a tre mesi del visto turistico è necessario il Titolo di Soggiorno.

Per ogni discendente nato all’estero, l’ufficio di Stato Civile acquisirà, dall’ Autorità Consolare Italiana nello stato/i estero/i competente/i, attestazione/certificazione che la persona in questione non ha mai rinunciato alla cittadinanza italiana.

Circ.Min. n. 397 del 15 maggio 2008: i soggetti in possesso di doppia cittadinanza mantengono il cognome indicato sull’atto di nascita formato dall’autorità estera, ferma restando la facoltà degli stessi di richiedere, quali cittadini italiani, la riattribuzione del cognome secondo la legge italiana (cognome paterno).

[16] Italia e Stati Uniti sono entrambi membri della Convenzione dell’Aja del 5 dicembre 1961 sulla soppressione della “legalizzazione” sugli atti pubblici stranieri: per i documenti e per le certificazioni, la legalizzazione è sostituita dalla cosiddetta “apostille”. L’apostilla è quindi una forma semplificata de “l’Apostille” (timbratura quadrata) attestante l’autenticità del documento e la qualità legale dell’autorità rilasciante.

I documenti esenti da legalizzazione o, sui quali sia stata apposta l’Apostille, possono inoltre essere tradotti all’estero da un traduttore ufficiale, riconosciuto dallo Stato di appartenenza o in Italia con traduzione giurata.

Nel caso degli Stati Uniti, il sigillo è rilasciato dal Secretary of State dello Stato in cui è emesso il documento.

Per quanto riguarda le apostille su documenti emessi dalle Autorità Federali, (es. certificati penali rilasciati dall’FBI), è competente altro ufficio (es. a Washington: Office of Authentications, U.S. Department of State)

APPROFONDIMENTI SUCCESSIVI ALLA PUBBLICAZIONE

(1) https://libguides.mnhs.org/naturalization/s4

(2) Derivative Citizenship

(3) Ricordiamo poi che la legge del 3 marzo 1931 (46 Statutes at Large 1511), eliminò la perdita della cittadinanza da parte di una donna cittadina statunitense unicamente a causa del matrimonio con un marito straniero alieno.

(4) https://www.familysearch.org/wiki/en/United_States_Naturalization_and_Citizenship

(5) vd anche sentenza 15062/00 che aveva stabilito che per effetto delle sentenze costituzionali, dalla data di entrata in vigore della Costituzione del 1948, la titolarità della cittadinanza italiana andava riconosciuta anche alle donne che l’avevano perduta contraendo matrimonio con uno straniero, nonché alla prole che non l’aveva riacquistata perché nata prima del 1948.